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come sono le

Cave storiche del Bardiglio Cappella
itinerario archeominerario
 

 

Visita all'area archeomineraria
 

dove sono le cave storiche
 

La bellezza delle cave della Cappella è oggi esaltata anche dal panorama che si gode affacciandosi da questo ripiano orografico, che spazia dalla pianura litoranea versiliese fino alla dorsale principale della catena delle Alpi Apuane: da Forte dei Marmi al Monte Altissimo. Un breve percorso di visita, quasi pianeggiante, consente di osservare alcuni aspetti dell’attività estrattiva nel Monte della Cappella, come si è andata sviluppando nel corso del XIX-XX sec.
Lungo la mulattiera di collegamento tra la Pieve di S. Martino, Fabiano e il fondovalle di Riomagno e Seravezza, si trovano due imponenti bastioni di contenimento dei detriti di escavazione. La data del 1878, incisa su uno scheggione di pietra, indica probabilmente il periodo di costruzione di questi grandi muri a secco.
L’itinerario di visita, segnato in blu sulla carta qui in basso, passa vicino a vecchi saggi di cava, le cui discariche (“ravaneti”) appaiono oggi in via di rinaturalizzazione.
In questa parte più elevata del Monte della Cappella, le cave portano segni di tecniche estrattive rudimentali, che si sono perpetuate anche in tempi moderni. 
La conduzione di tipo familiare e/o “artigianale” consentiva limitate produzioni di piccoli blocchi e soprattutto di semilavorati in marmo ‘bardiglio’, per utilizzi architettonici civili e religiosi.
I manufatti qui ottenuti e già riquadrati sul piazzale di cava, venivano poi scivolati a valle sopra grandi slitte (“lizze”) di legno di faggio, che percorrevano lentamente vie ripide e selciate, oppure erano trasportati da possenti teleferiche.



La strada Cappella-Fabiano-Riomagno 
in una mappa del 1784
A.S.C.S., Campione di strade
 


 



Cava dell'area archeomineraria delle cave di marmo bardiglio della Cappella
 

La carta topografica indica i luoghi dove è possibile ritrovare traccia degli antichi sistemi di trasporto dei materiali estratti. Frequenti sono le buche di alloggiamento dei “piri”: cioè dei ‘pioli’ attorno ai quali venivano avvolti i cavi per controllare la discesa dei blocchi lungo le “vie di lizza”.




"Il Monte delle Cave della Cappella
è assai alto, e da esso si scuopre gran tratto di mare: dietro a lui resta [il] Monte Altissimo, ignudo, e bianco come se fosse coperto di Neve (…). Dirimpetto al Monte delle Cave, si vede il precipitoso sporto di Monte detto Trambiserra, che ha filoni di Marmo simili in tutto e per tutto a quelli del Monte della Cappella, anziché da esso si cava medesimamente il Bardiglio, ed il Marmo bianco, laonde fa chiaramente conoscere, che anticamente era unito, e continuato con quello della Cappella, ma poi è stato diviso e tagliato dall’acque del
Rimagno”. (1)




Giovanni Targioni Tozzetti,
Relazioni d’alcuni viaggi fatti in diverse parti della Toscana
II ediz., Cambiagi, Firenze 1773,
(1) vol. VI, pp. 222-223.
(2) vol. Vi, pp. 218-219.

  "Gli Scarpellini spaccano i massi a forza di cunei, o biette (…). Lavorano a cava aperta, non a grotte (…), e dove a più uno piace; laonde sciattano moltissimo Marmo. I pezzi cavati e sbozzati, stante la ripidezza del Monte, gli fanno sdrucciolare al basso, sopra di lunghissimi scarichi di scappiole, e rottami di Marmo: in basso gli caricano sopr’a Carri, e gli portano a Rimagno a lavorare e pulire; poiché li sono molte Botteghe e Magazzini di Marmi, e vi si fanno moltissimi lavori. Per segarli e spianarli, siccome nel paese non hanno rena buona, si servono di certa rena bianca, che cavano dal Lago di Maciuccoli, e da S. Terenzio vicino alla Spezia (…)”.(2)
 


 




 

Il percorso di visita ci offre sulla destra la prima cava musealizzata (Cava A sulla carta dell’area archeomineraria del Monte della Cappella).
Il saggio estrattivo è stato ottenuto, a suo tempo, forzando le fratture naturali della roccia, sia con cunei di ferro, sia con esplosivo. Sul suo lato sinistro, sono ancora evidenti tracce di abbattimento di blocchi informi lungo il piano di fratturazione del ‘verso’, seguendo l’immersione a sud-ovest del sistema di scistosità principale dell’ammasso marmoreo.
Il fronte di cava è poi avanzato nel “monte”, per alcuni metri, sfruttando ai lati, due fatturazioni, appena convergenti, del piano del ‘secondo’.
Sul fondo della cava, il distacco degli ultimi blocchi ha lasciato delle superfici subverticali, corrispondenti al piano del ‘contro’.
Sul piazzale di cava sono rimasti abbandonati diversi blocchi, già riquadrati dagli scalpellini, prima di far parte di una “carica”, da affidare alla “lizza” e ai “parati” per il trasporto verso valle.

a sinistra
Il piano di fratturazione del “verso”
(immersione a sud-ovest) della Cava A
sotto
I piani di fratturazione della Cava A
 

 

 

 


Poco più oltre siamo a vista delle cave della Cappella, il ravaneto delle quali ti abbaglia l’occhio, poiché altro ivi non miri che il biancheggiar del marmo tra l’azzurro del cielo e il verde dei vicini castagneti. Qui è tutto movimento di picconi, mazze, pali, seghe, mine che esplodono, grida dei cavatori e dei bifolchi che caricano i massi enormi che rotolano traendo seco dall’alto del monte nell’alveo del fiume dei minori e che talvolta dagli urti l’uno l’altro si spezzano: altri ne vedi sospesi sopra il tuo capo quasi fosser per lasciarsi all’istante; e chi per la prima volta ammira queste escavazioni rimane invero meravigliato ed atterrito. Varie sono le proprietà di questo monte, ma ognuno vi cava a suo bell’agio gli ordinari ed i bardigli, essendo questi ultimi dei più belli che si conoscano e del vero colore piccione, come li appellano gli inglesi colour’s dove (sic). I più pratici uomini sono occupati nelle formelle così dette, per istaccare i massi dal monte, servendosi di mazze e zeppole; altri nel far le mine, ed usano certo paletto detto ago da mine. Taluni vi quadrano massi secondo le forme volute dal committente e li pongono in istato da sottoporli alla sega. I ragazzi sono per lo più destinati a far le quadrette da pavimento, e le donne a trasportarle in capo dalle cave fino al caricatoio”.

Vincenzo Santini, Vicende storiche di Seravezza e Stazzema, ms. del 1874, pubbl. Pietrasanta, 1964, p. 278-279
 


 

Il piazzale della Cava B

 

Il percorso di visita ci offre sulla sinistra la seconda cava musealizzata (Cava B sulla carta dell’area archeomineraria del Monte della Cappella).

Nella seconda piccola cava prevalgono avanzamenti estrattivi con esplosivo, cosicché il sito non mostra forme strettamente dipendenti dai piani di fratturazione naturale del marmo.

Anche in questo secondo piazzale di cava si trovano blocchi riquadrati a “mazzetta e subbia”, con un letto di scaglie di percussione particolarmente ricco. Significativa è poi la presenza di un manufatto con gradini e plinto di colonna, che testimonia a quale avanzato stadio di semilavorazione venissero talvolta portati i blocchi estratti.
 


 


 

BARDIGLIO CAPPELLA

In entrambe le cave affiora il ‘bardiglio Cappella’, un marmo di intenso colore grigio morato, che si caratterizza per la presenza di una listatura sul fondo, a fasce parallele azzurro-chiare, con leggere sfumature bianche.

Bardiglio deriva dallo spagnolo pardillo, diminutivo di pardo, cioè ‘grigio’. Il colore è dovuto alla diffusione di pirite microcristallina. Quando viene frantumato, il bardiglio emette, per breve tempo, un tipico odore solfureo.



a sinistra
il marmo Bardiglio Cappella con le caratteristiche ornamentazioni


 


Il Bardiglio di Seravezza, che nel Museo Wormiano (…) è chiamato Marmor cinereum Seravitianum (…) e più duro di quello di Carrara, e piglia anche miglior pulimento. Egli è Marmo di colore turchino o cilestro, più o meno carico per infiniti gradi, diversamente macchiato di bianco, cioè a vene, linee, a pezze, a sfumature ec.”.

Giovanni Targioni Tozzetti, Relazioni d’alcuni viaggi fatti in diverse parti della Toscana, II ediz., Cambiagi, Firenze 1773, vol. VI, p. 212



ll bardiglio cupo [della Cappella]: Tessitura saccaroide fine. Colore del fondo grigio morato, con rade sfumature di bianco. Opaco. Semiduro”.

Emilio Simi,
Saggio corografico sull’Alpe della Versilia e la sua ricchezza minerale, Frediani, Massa 1855, p. 149



"Alle cave della Cappella, presso Seravezza la massa marmorea è quasi totalmente costituita da un bardiglio di color ceruleo-cupo spesso screziato di bianca venatura, assai apprezzato. In qualche punto tuttavia, segnatamente alla parte superiore, trovansi delle zone bianchissime in vivo contrasto colla tinta scura del restante della massa" .

Domenico Zaccagna, Descrizione geologica delle Alpi Apuane, R. Ufficio Geologico, Roma 1932, p. 165.


a destra
antiche mattonelle quadrate per pavimenti
(comunemente conosciute come “marmette, “quadrette” o “ambrogette”)